VALLOMBROSA IL 12 DI LUGLIO
DAL NOTIZIARIO FORESTALE n° 192 - 193
LUGLIO - AGOSTO 1970
Ogni anno, il 12 di luglio, giorno celebrativo di S. Giovanni Gualberto, sale a Vallombrosa un gruppo di forestali, ogni anno di una regione diversa, ad offrire l'olio per la lampada votiva perennemente accesa davanti alle reliquie del Santo. E nella Chiesa dell'Abbazia si rinnova la cerimonia dell'offerta che questa volta è venuta dalle Marche: l'hanno accompagnata il Capo del Regionale, l'Ispettore Generale MANNOZZI TORINI, i Capi dei Ripartimenti di Ancona, di Macerata, di Ascoli Piceno, di Pesaro, e sottufficiali e guardie in rappresentanza dei colleghi della Regione. Alla cerimonia, semplice e raccolta, che segue ai rito religioso sempre solennemente officiato dall'Abate Generale dei Vallombrosani, successore di S. Giovanni Gualberto, ed ai brevi discorsi di circostanza, partecipa sempre, con fedele sensibilità, il Direttore Generale delle Foreste, prof. PIZZIGALLO, Capo del Corpo Forestale dello Stato.
E' quindi un pò come un annuale pellegrinaggio, di gente che vita e lavoro ha dedicato alle foreste, come i monaci di Vallombrosa di cui i forestali si sentono legittimamente successori e continuatori, in ogni parte d'Italia. Oggi che tanto si parla, e finalmente, di difesa e di conservazione della natura, molti neofiti dimenticano quanto nobile ed antica sia, nei forestali, questa convinzione e questa tradizione di lavoro. Essi conservano ed amano, nel loro lavoro in foresta, quel senso di mistico e di religioso che è proprio di chi vive all'unisono con la natura e che da significato e valore al quotidiano operare. Sentimento questo che per molti è stato, -fin dall'inizio, alla base di una scelta, della loro scelta, e che per altri ha, seguito, questa scelta confortata, un sentimento che ogni tanto sembra assopirsi o addirittura scomparire, nello scoraggiamento che assale tanti momenti della nostra giornata, ma che si riaccende vivo e forte al richiamo di un ricordo, di un nome, di una data, di una foresta che vive, di una foresta che muore. Guai se così non fosse: quante volte parrebbe sbagliata ed inutile la nostra vita stessa e quanto più pesante la fatica di ogni giorno che si trasforma invece in fecondità, in speranza, in dedizione convinta e serena. Vallombrosa è, in questo senso, il più grande richiamo, e la annuale celebrazione, il tradizionale pellegrinaggio, dovrebbe essere perciò assai più affollato: tutti i forestali, anche se di volta in volta e di una regione soltanto, ma via via tutti, dovrebbero risalire l'incantevole selva, ed attingere nuovo animo, nuovo orientamento per il lavoro e per la vita di ogni giorno. Questa dovrebbe essere la celebrazione più grande, e comunque più importante ed essenziale, più intima e nostra di tante altre che oggi popolano fin troppo il nostro calendario celebrativo.
L'ascesa a Vallombrosa è, infatti, e soprattutto, ascesa spirituale, ed è di questa ascesa che si sente la necessità; l'entrare nella sua foresta è come entrare, nel culmine dell'estasi, in un tempio supremo che l'animo ha sognato e cercato, intimo e solenne insieme, in perfetta fusione di luce quasi arcana e di sacro profumo, di ineguagliabile silenzio e bellezza. Infine l'Abbazia, come ultima, insopprimibile necessità di pregare, di lodare in unione corale con tutti gli uomini e tutte le cose quell'Autore Supremo del Creato, quel Dio che sembrava sopraffatto e perduto e che quassù sì ritrova, intatto, lontano dal chiasso travolgente di un progresso sbagliato, Dio che quassù specialmente si rivela a chi lo ricerca nella ansiosa ricerca della verità. La verità della quale pare si possa fare a meno e che è invece la esigenza più indispensabile della vita. Questa verità a Vaillombrosa si sente, si tocca con mano, e la gioia e la serenità e la pace sono un tutt'uno con essa, con quelle certezze che parean non esistere più e che quassù si ritrovano, chiare, forti, vivissime. Vallombrosa è il Cantico delle Creature. Sta qui la suprema validità della vita forestale, ineguagliabile, in questa intima partecipazione al Cantico delle Creature.
Ed ecco perché, a Vallombrosa, essi si sentono come chi torna, dopo tanto tempo, là dove è nato, e ritrova la distensione, la sicurezza, la serenità di chi sta di nuovo a casa sua, e ne riconosce con commozione ogni angolo, ogni albero, ogni pietra, e l'odore della resina e il suono largo e lieto delle campane. E ritorna con nostalgia e con amore, un amore ed un attaccamento prima mai avvertiti, a quei nomi di santi, di scienziati, di maestri di vita e di opere cosi come si torna ai nomi di famiglia, ad antenati cari e lontani, quasi leggendari, venerati, amati. E ci si accorge che con essi si è una cosa sola, come con i silenzi del Paradisino " asil di pace e quiete da mille abeti mille volte cinto ", come con le mura stesse ed i chiostri e le vetrate dell'Abbazia, con gli orizzonti infiniti e le pendici d'intorno " che le etrusche selve sovrastano con le loro alte vette "; si è una sola cosa con l'aspetto aperto e gioioso e ospitale dei monaci, con la stessa lampada ardente davanti all'altare del Santo. Questa è Valllombrosa. Da quasi mille anni. Da quando Giovanni Gualberto la scelse a quando monaci santi vi trovarono pace, verità, dedizione alla foresta, e scienziati e poeti ispirazione e conforto, ed a quando i grandi maestri della scienza forestale, dall'Abate FORNAINI all'Abate FLAMINI e fino al SERPIERI ed al PAVARI la sentirono e la amarono, e la considerarono, come Luigi LUZZATTI, " la testa e il cuore della restaurazione forestale italiana ". Questa è Vallombrosa. Salga perciò quassù, ritorni alle sue origini, e ne ridiscenda così immensamente arricchita, l'anima forestale, per continuare ad assolvere con questa dignità, con questa forza, con questa consapevolezza il suo impegno sacro ed irrinunciabile, come pochi altri, anche nelle vicende di oggi e di domani.
Domenico RAINESI
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